“Linee Programmatiche relative alle azioni ed ai progetti da realizzare nel corso del mandato 2011-2016” – intervento in aula

“Linee Programmatiche relative alle azioni ed ai progetti da realizzare nel corso del mandato 2011-2016” – intervento in aula

Presidente, Signor Sindaco, Colleghi consiglieri,

è con piacere che prendo la parola in questa nuova legislatura su un tema di fondamentale importanza per il futuro di questa nostra Città.

Sono un uomo appartenente con chiarezza ad una parte politica, ma sono consapevole dell’importanza del momento storico in cui viviamo.

Pertanto, Signor Sindaco, mi faccia iniziare questo discorso dicendole che le sue responsabilità sono anche le nostre. Non avremo paura, in ossequio al recente appello del Presidente della Repubblica, a condividere idee e opinioni pur se provenienti da parti contrapposte. Sicuramente Noi vorremmo poter godere dello stesso atteggiamento e degli stessi comportamenti da parte della Sua maggioranza. Questo creerebbe l’ambiente ideale non per fare accordi sottobanco o di piccolo cabotaggio ma per avere quella necessaria condivisione che aiuti anche i nostri valori, i nostri interessi e le nostre aspettative, che certifichi che il 30% degli elettori torinesi gode della giusta attenzione da parte di colui che si è voluto definire “Il Sindaco di tutti i torinesi”.

E’ ai torinesi che il Consiglio Comunale e la Giunta devono avvertire in via prioritaria il dovere di rispondere del proprio operato. La trasparenza, la concordia su temi condivisi, l’efficacia e l’efficienza delle decisioni rappresentano la risposta più alta che si possa dare in questo tempo di disistima nei confronti del sistema politico. Ricordo che sta a noi, a coloro che hanno il privilegio di sedere in una aula pregna di decisioni storiche, ricostruire la credibilità della classe politica; sta a noi dimostrare con i fatti che Torino è in grado di entrare nel novero delle grandi metropoli italiane ovvero Roma e Milano; sta a noi lavorare sui contenuti più che sulle formule, mi riferisco alla sua adesione all “asse del Nord”.

Efficienza delle istituzioni significa innanzitutto Riforme. Non abbiamo poteri legislativi, ma abbiamo ampio margine, nell’ambito delle nostre competenze amministrative, per essere riformatori.

Lei pensi ad esempio se riuscissimo a ridurre il numero di regolamenti comunali; sono oltre 160, ed i costi addizionali ed artificiali che creano. Pensi se potessimo dotare, come noi pensiamo si debba fare, di un disability manager ovvero una persona che sia in grado di verificare che le delibere approvate dalla Giunta e dal Consiglio siano in linea con le leggi a sostegno della disabilità motoria e visiva. Pensi se riuscissimo ad abbassare, come noi pensiamo si possa fare, i tributi locali, ad escludere le offerte palesemente incongrue dalle gare d’appalto, a consentire, finalmente, un rotazione in altri ruoli dei direttori e dei dirigenti che occupano il loro posto, con professionalità, da più di 5 anni.

La consapevolezza di queste possibilità è dovere primario della politica se davvero vuole onorare il suo primato, come io penso sia necessario. La politica deve tornare ad essere la guida della società e non deve più essere nelle mani di caste ben più potenti e potenzialmente nefaste per i bisogni e le necessità dei cittadini. Questo è il suo primo compito, Signor Sindaco: forte con i forti a favore del bene comune; noi saremo con Lei.

La seconda grande sfida è garantire l’effettiva concordia tra capitale e lavoro, aumentare la produzione della ricchezza torinese e ridistribuirla in modo equo. Questa sfida è anche la nostra sfida. Noi vogliamo che Lei rifletta e agisca, partendo dalla vita quotidiana dei cittadini torinesi, per far imboccare a Torino la via della ripresa economica e dello sviluppo e della giustizia sociale. Oggi, seppur corroborato dal numericamente importante successo elettorale, il potere del centro-sinistra è un potere esausto che non raggiunge più il cuore dei cittadini. Oggi la sensazione di molti, la percezione di tanti è che questa Città sia ingessata nei salotti e nelle decisioni di qualche decina di persone. La gioventù anagrafica della Sua Giunta deve saper cogliere quella che sarebbe stata ed è la nostra ambizione, l’ambizione del PDL: cambiare quella parte di classe dirigente che non ha più la forza di affrontare nuove strade e fa vivere, agli altri, l’agonia del proprio successo.

Le oligarchie, l’assenza di regole, altri fattori che Lei ben conosce hanno ridotto la globalizzazione ad essere elemento destabilizzante e non, come si pensava, volano di sviluppo. Oggi siamo ancora nell’occhio del ciclone.

Deve ammettere, Signor Sindaco, che il Governo ha fatto uno sforzo enorme (oltre 30 miliardi di euro) per evitare licenziamenti di massa, ha consentito, attraverso la cassa integrazione, per la prima volta anche in deroga, di mantenere la coesione sociale; ha attivato queste procedure nella speranza di una ripresa. Oggi qualche piccolo segnale di ottimismo lo troviamo (cito la New Holland che ha richiamato 400 persone dalla Cassa integrazione visto l’arrivo di nuove e importanti commesse); non si vede ancora la luce in fondo al tunnel perché il cedimento economico è stato così improvviso e travolgente che ha contagiato a fondo l’economia reale del nostro paese, toccando nei gangli vitali, energicamente, la nostra Città.

Non dobbiamo rassegnarci a subire un lento svuotamento del nostro patrimonio industriale. Non dobbiamo arroccarci su una linea difensiva tesa a presidiare ciò che è rimasto. Questo mi aspetto dalla sua giovane Giunta, da Lei e questo sarà l’ambizione del nostro essere opposizione.

Lei ha detto nella sua illustrazione che la competizione non sarà solo più tra imprese, ma tra territori. Io aggiungo territori ad alta densità abitativa, con rilevanti attività economiche e con capacità di mettere a sistema tutti quegli elementi e quelle risorse, anche umane, che caratterizzano l’innovazione. Ecco perché è indispensabile uscire dall’oligarchia torinese. Ecco perché è indispensabile fare alleanze pragmatiche e non ideologiche, agire sui contenuti e non sulle formule. Ecco la responsabilità che ha una sana attività amministrativa che non vincola ulteriormente, ma potenzia e sviluppa le interazioni positive di un sistema complesso (università, imprese industriali, terzo settore, aziende pubbliche, servizi a rete, imprese finanziarie, fondazioni bancarie, imprese culturali).

Come diciamo da sempre, e Lei lo ha sottolineato, Torino ha una vocazione manifatturiera e tale deve rimanere. Tutti i dati più recenti segnalano che le Nazioni con un alto indice di presenza industriale mostrano una bilancia commerciale più favorevole. Il settore manifatturiero non è più una reliquia del passato. Il problema industriale torna ad essere centrale. Questo anche perché una comunità vive di tensioni interne, di emozioni determinate non solo da quello che è, ma anche da quello che pensa possa essere il proprio futuro. Oggi la sensazione è che Torino sia la capitale degli anziani ed una Città di persone assistite e ai margini del tessuto produttivo.

Dobbiamo aumentare il capitale sociale ovvero l’insieme delle risorse che derivano dalle relazioni tra individui, comprese fiducia e solidarietà: tanto più sarà elevato, tanto più Torino funzionerà. Dobbiamo dare una svolta, Lei Signor Sindaco ha questo compito immane e fondamentale.

Sposare il modello Fiat sia industriale sia delle relazioni industriali, aiutare l’affermarsi del “modello Marchionne” non deve essere considerato schiavismo o ritorno al passato, ma la semplice evoluzione richiesta ad una società moderna, scevra dalle incrostazioni del più forte partito comunista europeo dal 1945 al 1995: il PCI. La Fiat vuole diventare uno dei sei poli automobilistici mondiali, NOI DOBBIAMO AIUTARLA a diventarlo. Dobbiamo marginalizzare la Fiom e tutte quelle spinte che si oppongono ad un modello che è la stessa popolazione che vuole; dobbiamo opporci ad un sistema che ha nel “non fare” le sue metastasi più preoccupanti.

L’Unione Europea ci raccomanda di proseguire nel risanamento per ridurre sensibilmente il debito pubblico, ma ci incoraggia ad incentivare la crescita attraverso misure strutturali di liberalizzazione del mercato del lavoro e di incentivi alla produttività, di favorire la parificazione tra lavori protetti e lavori aperti alla concorrenza ovvero precari, di attuare liberalizzazioni e maggiore concorrenza nel campo dei servizi pubblici.

Dobbiamo sviluppare politiche industriali verso i mondi che domani traineranno la ripresa come le ICT, l’energia, il medicale, l’auto, la cantieristica, la moda e il design (ad esempio sappiamo con certezza che marchi mondiali creerebbero volentieri a Torino un nuovo spazio moda), l’aerospazio comprese nel piano competitività della Regione e presto declinate puntualmente in misure specifiche per essere finanziate per la ricerca industriale e lo sviluppo precompetitivo. Il nuovo SIndaco di Torino deve prendere atto, inoltre, di come le esigenze occupazionali delle imprese si saturino molto più rapidamente rispetto al passato e quindi tutti gli strumenti funzionali all’occupabilità (formazione e orientamento) debbano essere ripensati. Dobbiamo agire sulle cause, ciascuno per le proprie competenze, per eliminare o ridurre le ragioni di una scarsa crescita ovvero l’organizzazione del lavoro, le relazioni industriali, il lavoro femminile, la giustizia civile (che costa alle aziende italiane 2,3 miliardi di euro all’anno), la scuola, l’università, le infrastrutture.

Che cosa fare al nostro interno? Non ho ricette magiche, ma posso con umiltà sottolineare questi punti:

– accelerazione della ricerca in campo tecnologico utilizzando il credito di imposta del DL 70/2011 per il 2011 e 2012 previsto a favore della ricerca anche in enti pubblici;

– ridefinire i processi organizzativi e gestionali, soprattutto nel settore amministrativo;

– formare il capitale umano capace di attuare tutto ciò;

– il sistema consolidato Comune + partecipate deve costruire le proprie gare per fare in modo che il sistema delle imprese torinesi se la possa giocare lealmente onde evitare di spostare percentuali di Pil fuori dal territorio.

La PA deve uscire dalla logica autoreferenziale, deve aiutare la diffusione e la realizzazione di contenuti utili ai cittadini e alle imprese. Deve cercare di organizzare strutture di formazione eccellenti.

Per fare questo bisogna avere CORAGGIO, bisogna che le OO.SS. sposino questo progetto. Occorre che il personale si metta in gioco, con umiltà e dedizione, anche se in un periodo di risorse scarse pur se consapevole che, come previsto dalla manovra economica del Governo, i Comuni possono adottare entro il 31 marzo di ogni anno piani triennali di razionalizzazione e riqualificazione della spesa, di riordino e ristrutturazione amministrativa, di semplificazione e digitalizzazione, di riduzione dei costi di funzionamento, ivi compresi gli appalti di servizio, gli affidamenti alle partecipate e il ricorso alle consulenze attraverso persone giuridiche. Le eventuali economie aggiuntive effettivamente realizzate, rispetto a quelle già previste dalla manovra, possono essere utilizzate annualmente, nell’importo massimo del 50 per cento, per la contrattazione integrativa, di cui il 50 per cento destinato alla erogazione dei premi previsti dall’articolo 19 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.

Se, lato sensu, dimostrerà questo coraggio, Signor Sindaco, sarà un grande Sindaco, altrimenti rimanderà il cambiamento e sarà come tutti gli altri, non entrerà nella storia.

Che cosa fare per l’esterno?

Non diminuire le risorse destinate alle opere pubbliche e all’edilizia. Gli appalti pubblici in Italia sono un mercato da 102 miliardi di euro; il Presidente Ance ci ha detto che 1 miliardo di euro in edilizia genera una ricaduta complessiva da 3,4 miliardi. Abbiamo 4 milioni di mq da utilizzare a Torino. Con il decreto sviluppo abbiamo la possibilità di avere nuove risorse che ci derivano da un potenziamento della CdP, dalla possibilità di estensione della finanza di progetto e del leasing in costruendo; abbiamo finalmente la possibilità di mettere un limite alle cd “riserve”; possiamo modificare i Regolamenti a seguito dell’introduzione del silenzio assenso per il rilascio del permesso di costruire e l’estensione della segnalazione certificata di inizio attività.

Dobbiamo dotare Torino delle infrastrutture necessarie, quali ad esempio il sottopasso di Piazza Derna e il sottopasso di Rotonda Maroncelli, i due grandi assenti. La loro mancanza impedisce un accesso da Nord e da Sud in Torino adeguato ai flussi di traffico e alle esigenze dei cittadini e delle aziende.

Lanciare un grande piano casa. Noi vogliamo DARE UNA CASA A TUTTI COLORO CHE NE HANNO BISOGNO. NOI VOGLIAMO il SOCIAL HOUSING, per dare una casa, in affitto a prezzi calmierati che diventa poi di proprietà, alle giovani coppie che, sempre meno, avranno accesso al credito, E SIAMO PER TROVARE I TERRENI da destinare ad EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA. La variante 200 sarà il banco di prova. Credo che Lei sia al corrente che la seconda linea di Metropolitana costerà 630 milioni di euro e che il 20% li deve mettere il Comune (il resto Cipe 60% e Regione 20%). L’amministrazione di Torino vuole trovare i suoi 240 milioni di euro dalla vendita di diritti edificatori (questa fu la linea dettata dal capace assessore Viano). Sulla linea due non è previsto né social housing né Erp.

Lei ha detto che Torino ha ancora tante aree dimesse o degradate di nostra proprietà; siamo, pertanto, in grado di fare entrambe le cose. Social housing, in modo da dare una casa a chi è “troppo ricco” per accedere alla casa popolare e troppo povero per poter accedere ad un mutuo, anche attraverso il fondo immobiliare etico insieme a CdP e Fondazioni bancarie, a favore delle giovani coppie dai 18 ai 34 anni, per le mamme o i papà separati, per i disabili, per gli studenti, per i single; Edilizia residenziale pubblica Erp come ulteriore modo da garantire una casa a tutti.

Dobbiamo raccogliere la sfida lanciata dall’Unione Europea con il progetto Smart City per combinare sviluppo urbano sostenibile e competitività puntando sulle tecnologie pulite e a bassa emissione di CO2. Vogliamo rilanciare l’edilizia adeguando le vecchie abitazioni alle nuove necessità energetiche con l’utilizzo dei materiali ecologici per garantire la QUALITA’ del costruito.Molto di questo progetto è sulle spalle dei Sindaci. Noi vorremmo contribuire al progetto Smart in quanto non esiste una formula standard, ma ogni realtà deve individuare il suo specifico piano che risponda alle proprie esigenze. Noi, in questo senso, riteniamo utile il TAPE (Turin Action Plan for Energy) che ha l’ambizione di puntare ad una riduzione delle emissioni nel 2020 di 260.000 tonn/anno attraverso una riqualificazione energetica degli edifici, attraverso l’ecobuilding.

Dobbiamo migliorare la delibera di attuazione del piano casa regionale; dobbiamo liberarla dalla burocrazia per darla in mano al mondo reale in modo che sia realmente utile agli operatori.

Un’altra delle idee utili potrebbe essere quella di non fare pagare gli OO.UU. se si fanno interventi a favore di una maggiore efficienza energetica.

Stabilità e solidità della finanza pubblica sono essenziali tanto nel tempo presente, ma soprattutto per quello che verrà. Una crescita duratura ed equa, uno sviluppo economico ed un equilibrio politico democratico possono avvenire solo nel contesto di una stabilità ed una solidità finanziaria. Questo equilibrio dobbiamo realizzarlo tanto dal lato della finanza pubblica, quanto dal lato della finanza privata.

E’ essenziale tornare ad essere “virtuosi” per evitare che Torino debba concorrere, dal 2013, all’ulteriore realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica fissati dalla manovra del Governo che prevedono, per i Comuni non in grado di rispondere a parametri di virtuosità, un ulteriore taglio di 3 miliardi. Dobbiamo pertanto lavorare sul rapporto tra spesa in conto capitale, finanziata con risorse proprie, e spesa corrente, sulla nostra autonomia finanziaria, sul tasso di copertura dei costi dei servizi a domanda individuale. Anche sui derivati in quanto alcuni Comuni italiani hanno già ottenuto l’annullamento dei contratti derivati recuperando dalla banche risorse determinanti per il propri bilanci.

Dobbiamo, inoltre, ispirare il nostro sistema fiscale e assistenziale a quattro principi e criteri direttivi: progressività, neutralità, solidarietà e semplicità (basato su un codice di principi comuni generali).

Siamo pertanto consapevoli di quanto l’equilibrio di bilancio sia importante, ma siamo certi che la Città sia in grado di abbassare alcuni tributi locali.

Nella scorsa legislatura siamo stati protagonisti nel lanciare alcune proposte che, ancora oggi, fanno parte del dibattito cittadino come la manutenzione delle strade e dei marciapiedi e gli asili nido, oltre alla riorganizzazione della polizia municipale. In questi 5 anni vogliamo confermare l’utilità di quanto proposto e lanciare una nuova sfida sul fisco locale.

Noi possiamo abbassare la Tarsu, noi possiamo abbassare le rette delle mense scolastiche se apriremo alla concorrenza e non continueremo ad affidarci al cartello di imprese che vince da 20 anni. Possiamo diminuire il costo dei passi carrai o della tassa sulle intercapedini facendo un patto civico con i condomini.

Possiamo aumentare il prelievo per le grandi aziende che scavano per i sottoservizi abbinando la tassa di occupazione di suolo pubblico con il canone di concessione moltiplicato per il numero di utenti.

Sulla vita quotidiana delle persone, anche una elevazione del limite per i fermi amministrativi fatti da Soris può incidere. Noi su questo abbiamo fatto una proposta precisa e la porteremo in commissione e in Consiglio.

La vita quotidiana. Uno dei nostri cavalli di battaglia nella campagna elettorale che non vogliamo dimenticare o ripudiare. Noi crediamo che la Città si debba avvicinare ai problemi delle persone. Noi vogliamo agire per garantire maggiore giustizia sociale e sanare gli squilibri tra diritti reclamati e doveri dimenticati o viceversa diritti dimenticati e doveri reclamati.

Pensiamo al commercio. I diritti del commerciante sono quelli di poter lavorare in serenità e senza vessazioni ed i doveri sono quelli di pagare le tasse; bene, oggi non abbiamo serenità, introduciamo le liberalizzazioni delle licenze, chiediamo agli ambulanti il Durc e il Vara, ma dall’altra parte non è che si diano certezze, anzi, continuiamo ad opprimere burocraticamente la categoria, proseguiamo nell’assenza di regole che valgano per tutti, facciamo avanzare il commercio abusivo che, per inciso, dobbiamo assolutamente stroncare. Questo è il modo giusto per incidere negativamente sulla vita delle persone.

Pensiamo agli asili nido. Non so quanti commercianti e ambulanti avranno ancora la forza di lottare per garantire posti di lavoro, pagamento dei tributi, che ogni anno aumentano del 15%, affitti dei locali. Non dobbiamo considerarli evasori. Quando parliamo di pari opportunità dobbiamo innanzitutto pensare che la donna deve essere libera di scegliere se stare a casa a guardare i bimbi o lavorare e non essere obbligata a rinunciare al lavoro perché non ci sono posti sufficienti. Pur essendo arrivati al traguardo del 30% di Lisbona, siamo ancora lontani da un successo pieno. Abbiamo 22.000 bambini a Torino per 7.000 posti con liste di attesa che superano le 1.200 unità. Solo grazie all’impegno dell’opposizione e alla capacità di ascolto e di proposta dell’ex assessore Borgogno si è riusciti, nella scorsa legislatura, a capire che la collaborazione tra pubblico e privato è fondamentale. Ora dobbiamo continuare su quella strada; dobbiamo aumentare i convenzionamenti e dobbiamo migliorare i punteggi delle graduatorie.

Pensiamo sui diritti dimenticati a danno dei cittadini e delle imprese e i doveri reclamati da parte del Comune al beneficio che porterebbe un turn over dei dirigenti da più di 5 anni nello stesso posto; a mio giudizio renderebbe più difficili eventuali eccessi di potere, sviamenti, connivenze, a tutte quelle storture che l’Autorità per gli Appalti quali: un utilizzo improprio delle procedure tra cui affidamenti diretti per importi che superano la soglia comunitaria, un ricorso eccessivo alla procedura negoziata ovvero ad affidamenti senza gara, la scadente performance delle stazioni appaltanti ossia un corretto affidamento dei contratti e una loro corretta esecuzione onde evitare aperture e chiusure senza certezza di tempi, fallimenti, accettazione di offerte palesemente incongrue, uso eccessivo delle riserve o delle varianti in corso d’opera a causa di progetti definitivi sbagliati. Sarebbe utile, quando sarà operativa e strutturata, utilizzare la Banca Dati Nazionale dei contratti pubblici prevista dal DLgs 235/2010.

Piccole grandi risposte perché la politica senza realtà è vuota e l’economia senza la politica è cieca. Signor Sindaco, forte con i forti a favore del bene comune. Buon lavoro.

Andrea Tronzano