Campa cavallo le liste di Chiampa durano una Quaresima – Il Giornale del Piemonte

Campa cavallo le liste di Chiampa durano una Quaresima – Il Giornale del Piemonte

Il Piemonte ha anche un numero di letti disponibili inferiore alla media nazionale: 2,6 ogni mille abitanti

Poi dicevano che sarebbe stato sufficiente buttare a mare Roberto Cota per rimettere a posto i conti della Regione e riportare nella media nazionale le liste d’attesa per i pazienti. Mica vero. Spulciando tra le carte dell’assessorato si scopre che la Regione è tra le prime, se non la prima in assoluto, ad aver sforato il tre per cento minimo delle prestazioni garantite dallo Stato, prestazioni al di sotto delle quali ci si becca la maglia nera. Seno, prostata, utero e via dicendo sono un disastro, o giù di lì. A furia di tagli la giunta è riuscita a battere tutti i primati. Non ci credete? Come sempre parlano i numeri. L’analisi eseguita da uno studio di Forza Italia e Lega Nord è un vero e proprio allarme. Nel 2013, quando i posti letto erano 3 ogni mille abitanti, il Piemonte era sopra la media nazionale per le liste di attesa su tumori al seno (36,5 giorni contro la media nazionale di 23,7), alla prostata (41,3 giorni contro 35,9), al colon retto (28,8 contro 19,8), all’utero (26,3 contro 21) e per protesi all’anca (66,5 giorni contro 37,2).

La riforma approvata dalla giunta adesso, che taglia mille e 650 posti letto, cioè il 13per cento, e porterà il Piemonte ad avere 2,6 posti letto ogni mille abitanti, ovvero ben al di sotto dei livelli essenziali di assistenza previsti dalla legge, un parametro che fissa 3 posti letto ogni mille abitanti. La conseguenza è che le liste di attesa così schizzano verso l’alto, o comunque lo faranno nel giro dei prossimi mesi, salvo ripensamenti sul criterio di razionalizzazione.

Non basta. C’è anche il taglio programmato sulle cliniche private convenzionate del 42 per cento dei posti letto per gli interventi chirurgici – acuzie e cioè pronti soccorso, medicina, chirurgia generale, ortopedia,urologia, ginecologia, pediatria, cardiochirurgia, oncologia, day surgery, nonostante i tavoli tecnici nazionali avevano chiesto di ridurre le post-acuzie. Tutto questo determinerà, oltre a un calo delle prestazioni pubbliche a carico dei cittadini, una drammatica ricaduta negativa sull’occupazione: oltre mille e 500 addetti rimarranno a casa, senza poter utilizzare la cassa integrazione guadagni. Quindi ulteriori costi a carico del sistema del welfare e ulteriori costi a carico della Sanità piemontese, o comunque nessun risparmio a fronte di ulteriori disservizi, a seguito dell’aumento della mobilità passiva ovvero tanti cittadini piemontesi andranno a curarsi fuori regione. Si tratta di proiezioni, ma verosimili. Oltretutto nel 2013 il carico sul servizio sanitario regionale per ricoveri e interventi fuori regione era già di 148 milioni di euro per ricoveri acuzie.

Nel 2013 per le acuzie erano di 3 posti letto per mille abitanti (come da legge nazionale) e per i posti letto totali erano di 4,1 ogni mille abitanti (la legge nazionale prevede 4 posti ogni mille residenti). «Regioni come la Toscana, la Lombardia, l’Emilia Romagna aggiunge il capogruppo di Forza Italia in Comunepur diminuendo i posti letto per acuti negli ultimi anni, hanno mantenuto una solidità di offerta ben al di sopra della media nazionale. La presunta riforma dell’assessore regionale Antonio Saitta penalizzerà, anzi discriminerà le donne». Motivo? La specialità di ginecologia, infatti, sarà riservata solo agli ospedali pubblici e sarà vietata alle cliniche private convenzionate e cioè erogatrici di prestazioni pubbliche.

«Le liste di attesa su interventi dedicati al mondo femminile sono già oggi le più alte di tutta Italia – spiega il commissario torinese di Forza Italia, Roberto Rosso – Le donne quindi subiranno una inaccettabile penalizzazione e non potranno più scegliere dove curarsi. Se vorranno scegliere dovranno andare in altre regioni con assenza di risparmi per il servizio sanitario regionale, che pagherà a piè di lista le prestazioni alle altre Regioni per la mobilità passiva, e aumento dei disservizi per le cittadine».

Di più. L’ordinanza del Tar di inizio giugno 2015 sulla delibera della giunta regionale (la1-600) ha bocciato gli indirizzi dell’esecutivo di Sergio Chiamparino. Bocciava su tutta la linea la razionalizzazione, lessico compreso, che i giudici descrivono «scrittura criptica, tecnicistica, avulsa da riferimenti ad istituti giuridici, infarcita di acronimi e di richiami a precedenti provvedimenti della stessa amministrazione (quasi sempre riportati in modo generico e sostanzialmente ermetico)».

Il Tar non a caso ha chiesto «documentati chiarimenti» alla Regione Piemonte sul contenuto del provvedimento e dei relativi allegati, dalla cui lettura non è «immediatamente intellegibile il criterio con cui sono stati determinati taluni parametri (tetti di spesa, copertura posti letto, n.d.r.) e sostanzialmente la nuova disciplina della copertura dei costi».

Insomma non è soltanto questione di conti ma anche di prestazioni. (…) [A. Costa]

05.07.15_GiornalePiemonte_Sanità2