Città metropolitana al via. Undici aree e 18 consiglieri – La Stampa

Città metropolitana al via. Undici aree e 18 consiglieri – La Stampa

Il nuovo ente non erediterà tutte le funzioni della Provincia. Ogni territorio avrà un delegato, eletto dai municipi

Può un ente chiamato Città metropolitana tenere insieme 315 comuni – dalle grandi città alle borgate di montagna – oltre 2,2 milioni di abitanti e rappresentarne efficacemente le esigenze? Per saperlo non ci resta che aspettare qualche mese, quando il nuovo ente – che prenderà il posto della Provincia, sciolta dal governo – vedrà la luce.

Il percorso è già cominciato. E ha i suoi primi punti fermi. Innanzitutto – lo prevede la legge – a guidare l’ente sarà Piero Fassino, sindaco di Torino, fino alla scadenza del suo mandato, nel 2016. Il territorio verrà diviso in undici aree cosiddette omogenee: Valsusa, Beinasco-Orbassano, Chierese, Chivasso, Ciriè-Lanzo, Collegno, Cuorgnè-Rivarolo, Ivrea-Strambino, Pinerolese, Settimo, Torino. Per ora le undici zone
serviranno come collegi elettorali per indicare i 18 consiglieri (Fassino escluso) del nuovo ente, che verranno eletti il 29 settembre dai sindaci e consiglieri comunali. Gli elettori, infatti, non possano votare i membri del Consiglio.

La scelta dell’Assemblea
Entro l’8 settembre andranno presentate le liste. Alla fine potrebbe essercene una sola, se centrosinistra e centrodestra troveranno una quadra, magari con l’accordo del Movimento 5 Stelle, per ora alla finestra. In gioco non c’è soltanto una spartizione di posti ma soprattutto la possibilità per ogni territorio di avere una sua rappresentanza, quindi di poter contare, far valere le proprie ragioni. La legge è impietosa: il 29 settembre, quando sarà l’ora di votare, la scelta di uno dei 40 consiglieri comunali di Torino varrà 200 volte più di quella di un consigliere di uno dei 205 comuni (su 315) con meno di 3 mila abitanti. La Sala Rossa, se volesse, potrebbe da sola conquistare metà Consiglio metropolitano.
Non succederà. Fassino vuole che Torino si limiti a sei seggi. Due a testa li avranno le aree più corpose, Collegno-Rivoli e Beinasco-Orbassano (che ingloba Moncalieri e Nichelino). Tutti gli altri territori potranno contare su un consigliere. Senza il «sacrificio» del capoluogo, il Canavese, Chivasso o Settimo sarebbero rimasti a bocca asciutta. Altro capitolo riguarda la distribuzione dei seggi: quanti a Pd e alleati? Quanti al centrodestra? E la miriade di liste civiche? È il punto al centro delle trattative. «Sarà una fase costituente, noi crediamo sia meglio eleggere i consiglieri in base al loro profilo istituzionale più che per caratterizzazione politica», spiega il segretario del Pd. I democratici sono disponibili a una lista unica, ipotesi su cui Forza Italia – che rappresenta l’intero centrodestra – non sembra d’accordo: «Per noi è prioritaria la tutela e il coinvolgimento di tutti i territori e una adeguata esperienza e capacità di chi li rappresenterà», dice Andrea Tronzano.

(…) La vera incognita, pesantissima, riguarda la stella sotto cui nascerà il nuovo ente, quella Provincia a un passo dal default che potrebbe lasciare in eredità alla Città metropolitana il suo fardello. Una beffa per quei sindaci che nei mesi scorsi tuonavano contro Torino, dicendo di non voler soccombere sotto i suoi debiti. Ora rischiano di essere travolti da quelli – ben più fuori controllo della Provincia. (A. Rossi)