Il Comune mette mano al Catasto – La Stampa

Il Comune mette mano al Catasto – La Stampa

La Sala Rossa convoca i protagonisti del mercato immobiliare: agenzie, geometri, Caaf e pure il Politecnico. L’obiettivo: individuare soluzioni che possano agevolare l’Agenzia del Territorio ad eliminare errori e ingiustizie

«Pagare meno, pagare tutti». Ma con questo Catasto non si può. E il Comune, che sul fronte del controllo del territorio, per quel po’ di autonomia che gli viene concesso da Roma, è considerato il primo della classe in Italia, ha deciso di scendere in campo. Solo così Torino potrà essere pronta quando la riforma del Catasto – liberata un paio di settimane fa dal Senato – diventerà realtà. Quel giorno purtroppo fra 2-3 anni, se va bene – le case verranno, tra le altre cose, finalmente valutate in base ai metri quadrati come fa qualsiasi agenzia immobiliare e noi stessi, e non più in vani i quali, per loro natura, sono diversi da alloggio ad alloggio.

Troppe sperequazioni
Una realtà che genera sperequazioni imbarazzanti. Bene, sollecitati da una mozione di Andrea Tronzano, unico sopravvissuto di Forza Italia in Sala Rossa, con la benedizione dell’assessore Passoni; i consiglieri comunali della Commissione Bilancio, anzi solo il loro presidente, ché buona parte di loro si è slogata la mascella sbadigliando, ha deciso di convocare tutte le categorie, dai geometri alle agenzie immobiliari, dal Politecnico ai Caaf, per capire cosa Palazzo Civico può fare per eliminare le storture e le ingiustizie più evidenti. Cosa può fare la Città per aiutare l’Agenzia del Territorio competente sul Catasto.

Criteri antiquati
Perchè qualsiasi riforma che verrà, non potrà che basarsi sui dati archiviati e catalogati nel grande registro delle case torinesi che al 12 dicembre scorso assommavano a 821.747 per un valore, sempre catastale e quindi diversa dalla realtà creata dal mercato, di oltre 95 miliardi di euro. Dati accumulati dal secolo scorso fino all’altroieri, sostanzialmente sempre con gli stessi criteri ma in una città in continua evoluzione. Per capirci: gli edifici che un tempo si affacciavano sul passante ferroviario erano stati classificati tenendo conto del disagio di avere una ferrovia sotto le finestre. Quelle stesse case però, oggi si affacciano su un elegante boulevard. Oppure, palazzi costruiti qualche decennio fa a, per dire, Santa Rita.
La popolare Gran Madre
Quartiere ben servito dai mezzi pubblici e con tanti servizi e, per questo motivo, con valori catastali maggiori di case costruite nel secolo scorso dietro la Gran Madre quando lungo il Po c’erano le fabbriche, mentre oggi è una delle zone più ambite di Torino. Ecco, il problema è tutto lì: i criteri di catalogazione del Catasto non sono mai stati sostanzialmente cambiati e lo Stato, per tassare il bene principale degli italiani, s’è adeguato ai tempi nel modo più rozzo e veloce introducendo coefficienti che, oltre a moltiplicare «x» volte il valore da tartassare, accentuava ogni volta le conseguenze delle incongruenze iniziali. Il contribuente però, non è stupido. E se si rende conto di essere preso in giro, s’infuria. Lettere di protesta intasano la buca dell’ufficio Tributi comunale e quella di «Specchio dei tempi». Tutte denunciano quelle che, agli occhi del profano, erano e restano evidenti ingiustizie. «Perché la mia casa che sta in periferia – è il leit motiv – costa più di quella di quella della zia Pina, accatastata nella stessa categoria e classe, ma in pieno centro?». (…)

Le microzone omogenee
Un lavoro che va avanti da 7-8 anni e che quindi ha «corretto» quasi diecimila immobili a fronte, però, di un patrimonio di oltre 800 mila immobili. L’alternativa, concessa dalla legge, sarebbe quella di individuare zone omogenee e riaccatastare in modo «massivo» tutti gli immobili contenuti nei confini. Torino, come al solito, già nel ‘98 ha efficientemente suddiviso la città in 40 microzone omogenee mentre, attualmente, il Catasto divide ancora la città in appena quattro zone censuarie: «Un approccio medievale» lo definisce Passoni. Microzone comunque inutilizzabili, perché per definire i valori da assegnare a ognuna di esse, si deve fare riferimento a tabelle di riferimento risalenti al 2004. Un secolo fa, quando accanto agli immobili del Lingotto – una delle zone dove teoricamente si potrebbero introdurre riduzioni di tariffe – non era ancora arrivata la metropolitana.
Riforma senza aumenti
Vi chiederete: ma non è che riformare la macchina catastale comporterà aumenti indiscriminati? La stessa legge di riforma, esclude che il gettito finale sia maggiore dell’attuale. Ciò comporterà certamente qualche aumento per qualcuno che paga cifre irrisorie, ma anche riduzioni per altri. Insomma: pagare tutti per pagare meno. (B. Minello)

15.02.14_Stampa_Catasto